Silvia Serina, 30 anni, ex graphic designer, ha capito che la sua vita, schiava della solita routine, non le andava più bene. Così ha deciso di licenziarsi e di partire alla volta di ecovillaggi e aziende agricole biologiche dove ha iniziato a lavorare l’orto in cambio di vitto e alloggio. Prima in Toscana, poi in Umbria, oggi nel Lazio. Domani non lo sa: “Voglio uno stile di vita come natura comanda", dice. "Sostenibile per l’ambiente, le tasche e la testa"
Una donna che molla tutto per cambiare vita non è per forza in fuga da un amore finito male. O da una famiglia oppressiva. Silvia Serina, 30 anni, di Nuvolera (Brescia), sgombra il campo da equivoci: “Io sono in viaggio per scoprire una nuova me, mica per altro”. Ad aprile si licenzia, vende il superfluo (50 paia di scarpe, un armadio di borsette e una montagna di vestiti firmati) e si mette uno zaino in spalla (da 70 litri per 15 chili di roba). È stufa della solita routine. Contatta via mail ecovillaggi e aziende agricole biologiche e inizia a lavorare l’orto in cambio di vitto e alloggio.
Prima in Toscana, poi in Umbria, oggi nel Lazio. Domani non lo sa. Magari scappa dalla precarietà. E invece no: è una graphic designer, fino a due mesi fa con un contratto a tempo indeterminato che di punto in bianco strappa. “Voglio uno stile di vita come natura comanda", dice.
"Sostenibile per l’ambiente, le tasche e la testa. Ero una spendacciona e una sprecona. Otto ore di computer al giorno, shopping compulsivo, aperitivi a gogò, discoteche e bei locali. L’agenda doveva essere piena, non sapevo stare da sola”. Oggi ha capito che ci riesce ed è pure bello.
“Dove vado c’è altra gente, sto in compagnia di qualcuno, ma guai se non mi ritaglio del tempo per me. Ho passato sette sere di fila in stanza con un libro”. Fa l’autostop, prende treni, usa il car sharing.
“Pericoloso per una donna? Ma va! Io mi fido degli altri. Non mi è mai successo niente. Dipende da te avere paura. Un po’ come con i cani. Sei tu che condizioni il tuo stato d’animo. A me non importa se mi rubano il portafoglio. Non è quello che conta, sono io”. La sua bussola sono tre siti web: workaway.com, helpx.net e wwoof.it, che incrociano domanda e offerta di lavoro in campagna. Li consulta sul momento, non pianifica niente. Di solito nel giro di un paio d’ore riceve un feedback. Prima tappa: Montepulciano, in provincia di Siena. Viene ospitata per una settimana da una signora sessantenne ereditaria di un casale con un sistema di sussistenza. Ha i pannelli solari sui tetti, lo stagno per la raccolta di acqua piovana, il riscaldamento a legna, un impianto di fitodepurazione, un pozzo per l’acqua potabile e l’orto in permacultura. “Ho scoperto di avere una forza di volontà incredibile.
La natura ti dà disciplina, è un capo intransigente, non ti dice quello che devi fare, ti costringe a osservarla e prendersi cura di lei seguendo il ritmo del sole e della luna. Se non lo fai, non mangi”. Seconda meta: lago Trasimeno, vicino a Perugia. Quindici giorni in un ecovillaggio. Cucina, coltiva le fragole e impara a fare i mattoni con la terra cruda. “I proprietari non mi hanno elencato le cose da fare. Mi hanno detto ‘guarda con i tuoi occhi e se credi che qualcosa vada sistemato, sistemalo come piace a te’ perché i contributi personali sono più utili di un ordine eseguito”. A questo punto Silvia entra in crisi:
“Mi sono accorta che nella vita siamo abituati a rispondere a dei comandi, autorealizzarci quasi mai. È stata una bella sfida. Quel posto è frequentato da molte scolaresche, ho insegnato ai bambini come si costruiscono le case con il fango, loro non ci credevano”. È il turno di Formia.
Qui dorme da un’amica e festeggia il suo compleanno. Poi si sposta a Blera, nel viterbese, in un altro ecovillaggio. Silvia pulisce i bancali, fa la pacciamatura (ricopre il terreno con uno strato di paglia per mantenerlo umido) e trapianta piantine nel giardino.
“La doccia era all’aperto, l’acqua riscaldata con i raggi solari, e c’era il compost toilet per le feci”. Come una spugna assorbe tutto quello che non sa e riparte. Un amico conosciuto in viaggio l’aspetta a Roma. La sentiamo quando arriva lì. “In poco più di un mese ho speso 200 euro, nella vita di prima almeno 900", racconta. "Non ho bisogno della parrucchiera, la frangia me la taglio da sola, trovo sempre qualcuno nei villaggi che mi fa l’hennè gratis, per la ceretta mi arrangio col silk épil”.
Silvia ha creato una pagina Facebook (“Rolling soul”), con foto e aggiornamenti della sua avventura, dove posterà la lista della spesa per dimostrare che risparmiare si può. Nello zaino ha infilato l’indispensabile: il suo pc, la sua reflex, due paia di leggings, due paia di pantaloni, di cui uno da lavoro, quattro canottiere, tre magliette, due felpe, un paio di pantaloncini, due gonne, un vestito lungo e uno corto. Ah, e lo smartphone, ma lo accende il meno possibile. “Informo i miei genitori quando cambio città.
Ricevo un sacco di messaggi, c’è chi mi fa il tifo, chi mi chiede consigli. Mi connetto a internet mezzora alla settimana, non di più, non mi va”. Confessa il perché: “Non cerco popolarità. C’è la mania di raccontare tutto che ci capita sui social network. Ecco, io no.
Voglio disintossicarmi.
Sono in viaggio per me stessa, non ho altri scopi. Voglio godermi il presente senza perdere tempo nel virtuale. Uso il web all’occorrenza, stop. Se accetto questa intervista", chiarisce, "è soltanto perché voglio dire alle altre donne che voltare pagina non è impossibile. Basta avere coraggio e fiducia in se stesse e negli altri”. In viaggio come lei finora ha incontrato tante coppie e qualche ragazzo. “Nessuna donna da sola. Ma", ripete, "vale la pena, imparate a camminare con le vostre gambe, non frenatevi”. Silvia si sente già diversa. Più leggera. Più profonda. Più viva che mai. E il passato diventa una piccola parentesi. “Prima non ero al mio posto. Ero incastrata, per niente comoda”. Infatti non sta mai ferma. Dopo il diploma in ragioneria vince il primo contratto a tempo indeterminato in un’azienda trentina. “Troppo piccola, non avrei fatto carriera”. Vola a Londra per un anno. Torna a Brescia e si occupa di export per un’altra azienda. Nel 2012 si iscrive all’Accademia di belle arti.
E uscita di lì viene presa da una casa di moda. In tutto rinuncia a quattro lavori definitivi. Due anni fa abortisce. Un evento drammatico che più tardi la costringe a mettersi allo specchio. “Il mio non è un salto nel vuoto, ma dentro di me. Bellissimo. La vita merita più rispetto. Io adesso, così, provo a darglielo”. All’inizio si dà un anno di tempo. Oggi sa solo che è partita e non sa se è il caso di tornare. “Sono una graphic designer, un B&B mi ha già offerto di curare il sito web. Quando voglio, posso fermarmi. Ora no, è presto. Ciao”.
(DI CHIARA DAINA - d.repubblica.it)